Smartphone, ora anche lo Stato ci mette mano: i tuoi dati non sono al sicuro | Questi messaggi li legge sicuramente
Dati personali non sono sicuri sullo smartphone se non non conosci questi passaggi, lo Stato legge i tuoi messaggi
Il controllo dei messaggi e delle chat sul telefono da parte delle forze dell’ordine è un tema delicato, legato alla tutela della privacy e dei diritti individuali. In linea generale, la legge italiana prevede che le conversazioni telefoniche, così come i dati contenuti nei dispositivi, siano protetti dal diritto alla riservatezza, sancito dall’articolo 15 della Costituzione.
Tuttavia, esistono situazioni in cui lo Stato può accedere a questi dati, ma solo sotto precise condizioni e nel rispetto della legge. Ecco quando accade e perché è permesso senza che ci sia illecito, non puoi farci niente.
Intercettazioni telefoniche e sequestro del telefono
La Polizia può accedere ai messaggi attraverso intercettazioni telefoniche, ma queste sono strettamente regolamentate. L’intercettazione può avvenire solo previa autorizzazione del Giudice per le indagini preliminari, su richiesta del Pubblico Ministero, e solo in presenza di gravi indizi di reato e quando l’intercettazione è indispensabile per le indagini. In casi urgenti, il Pubblico Ministero può disporre l’intercettazione immediata, ma deve poi comunicarla al giudice entro 24 ore affinché la convalidi.
In alternativa, la Polizia può accedere ai messaggi attraverso il sequestro del telefono. Questo può avvenire solo se esiste un ordine del giudice o quando sussistono motivi urgenti. Durante il sequestro, i messaggi e le chat possono essere acquisiti come prove. Inoltre, durante una perquisizione o un arresto in flagranza, la Polizia può controllare il cellulare, ma solo se ciò è strettamente necessario per le indagini.
La Cassazione e la tutela della riservatezza
Recentemente, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza (n. 39548/2024) che ha ulteriormente ristretto le modalità con cui la Polizia può controllare i messaggi. In questa sentenza, la Cassazione ha equiparato i messaggi elettronici (WhatsApp, SMS, email) alla corrispondenza tradizionale, sottolineando che per acquisire i messaggi di un dispositivo è necessario seguire le modalità previste dall’articolo 254 del Codice di procedura penale. Secondo questo articolo, il sequestro della corrispondenza può avvenire solo se l’autorità giudiziaria ritiene che ci siano fondati motivi per ritenere che i messaggi siano legati al reato, anche se inviati sotto un nome falso o tramite altre persone.
Questa interpretazione rispetta il principio di riservatezza e garantisce che i dati sensibili dei cittadini siano protetti. Tuttavia, la Cassazione ha anche precisato che, in alcuni casi, i messaggi possono essere considerati documenti storici e, quindi, non più protetti da riservatezza. In questi casi, i messaggi potrebbero essere acquisiti come normali prove, ma solo se non sono più attuali o rilevanti per le indagini.
La Polizia può controllare i messaggi sul telefono solo in situazioni molto specifiche, come in caso di intercettazioni telefoniche autorizzate dal giudice o se il dispositivo è stato sequestrato durante un’operazione legale. La recente giurisprudenza della Cassazione ha ribadito l’importanza di rispettare il diritto alla riservatezza, trattando i messaggi come corrispondenza privata e stabilendo che il loro sequestro è giustificato solo in presenza di motivi concreti legati a reati gravi.